Zurine, Artzai e Fermin: la decisione dei giudici italiani sull’estradizione dei 3 giovani baschi rinviata all’8 settembre
Marco Santopadre, Radio Città Aperta
“Tutti a casa” recitava il titolo di un famoso film sulla fatidica data dell’8 settembre. Potrebbe quindi essere di buon auspicio il rinvio a mercoledì prossimo della decisione, da parte dei giudici della Corte d’Appello di Roma, sulla consegna alle autorità spagnole di Zurine, Artzai e Fermin. I tre giovani baschi arrestati lo scorso 10 giugno a Roma dalla Digos, mentre si accingevano a spiegare in una conferenza stampa la loro condizione di perseguitati politici in Spagna, dovranno quindi attendere nelle prigioni di Terni e Rebibbia l’esito dell’iter giudiziario innescato dal mandato di cattura europeo spiccato dalla magistratura speciale di Madrid dopo che erano scampati ad una retata, nel novembre del 2009, che aveva portato all’arresto di ben 34 ragazzi e ragazze del movimento indipendentista basco. La giovane di Lekeitio e i due ragazzi di Antsoain e Iruna dovranno aspettare in cella che una traduttrice nominata dalla corte proceda entro il prossimo 7 settembre alla traduzione di una sentenza, inviata dall’Audiencia Nacional, con la quale nel 2005 Madrid metteva fuori legge ‘Segi’, l’organizzazione giovanile di sinistra e indipendentista alla quale i tre giovani sono accusati di appartenere.
Un faldone da ben 450 pagine, arrivato a Roma solo lo scorso 26 agosto in lingua originale, nonostante che lo scorso 28 luglio, al termine della prima udienza, i giudici di Roma avessero rinviato il tutto ad oggi, proprio perché la documentazione con la quale Madrid chiedeva la consegna dei tre arrestati era stata giudicata pesantemente insufficiente sia dal punto di vista delle motivazioni giuridiche di fondo sia degli eventuali reati addebitati ai singoli accusati. La documentazione richiesta al tribunale antiterrorismo di Madrid è arrivata solo pochi giorni fa ed oltre tutto in lingua originale, costringendo la Corte d’Appello a rinviare di nuovo la decisione alla prossima settimana, proprio in scadenza del termine che la legge concede alla magistratura italiana per potersi esprimere sulla richiesta spagnola. Un ulteriore rinvio che rappresenta un castigo non solo nei confronti dei tre arrestati, ma anche delle loro famiglie, costrette ormai dal 10 giugno a fare la spola tra le loro città e Roma e Terni per poter visitare i propri congiunti. La notizia non è stata bene accolta dai 12 tra parenti e amici degli accusati che durante l’udienza hanno potuto vedere, seppur per pochi istanti, i loro cari all’interno di un’aula letteralmente assediata da decine tra agenti di Polizia Penitenziaria e Carabinieri innervositi dalla loro presenza e da un presidio di solidarietà che ha visto prima dentro i corridoi del Tribunale e poi a Piazzale Clodio la presenza di una quarantina di giovani aderenti ai centri sociali, alla rete di solidarietà con Euskal Herria e ad alcune organizzazioni politiche della sinistra romana.
Una ennesima manifestazione, dopo quelle già organizzate nei mesi scorsi, per tornare a chiedere che i tre giovani vengano scarcerati e vista l’inconsistenza delle accuse nei loro confronti sia negata la loro consegna a Madrid. D’altronde la magistratura spagnola non è che si sia particolarmente preoccupata di sostanziare con prove e documentazione ulteriore – come richiesto da Roma - la propria richiesta di ‘estradizione’: che si tratti di una disattenzione dei colleghi di Garzon o di una mancanza di argomentazioni giuridiche – nessuna accusa specifica viene contestata a Zurine, Fermin e Artzai tranne la cosiddetta appartenenza a Segi, anch’essa affatto supportata da prove – sta di fatto che l’atteggiamento di Madrid potrebbe aver indispettito i giudici italiani, che finora, per lo meno, non hanno affrontato la questione con la prevedibile leggerezza e fretta. Lo hanno sicuramente notato Grande Marlaska e soci che infatti, nella lettera di accompagnamento giunta a Piazzale Clodio il 26 agosto insieme alla sentenza con cui mettevano fuori legge la più grande organizzazione giovanile basca scrivono: “"Il principio di fiducia (alla base del Mandato d'Arresto Europeo, ndr) è basato sulla conseguenza di appartenere a uno spazio comune di sicurezza, libertà e giustizia, dove gli elementi che formano uno stato di diritto non sono predicabili". Una vera e propria intimazione ai magistrati italiani affinché consegnino in fretta i tre giovani baschi e non si impiccino troppo di come funziona la giustizia in Spagna. Se di mezzo non ci fosse una possibile condanna fino a 12 anni di carcere per meri reati d’opinione, ci sarebbe da ridere…